Le feste storiche e le rievocazioni sono fenomeni antropologici complessi che mettono in luce tanto le aspirazioni quanto le tensioni delle società che le producono. Attraverso esse il Medioevo, e più in generale la storia, non viene solo ricordato ma viene costantemente reinventato, rielaborato, adattato alle esigenze sociali, politiche ed economiche di epoche diverse.
Lungo tutto il Novecento, in Italia e non solo, i palii, le giostre, le regate e le sagre hanno conosciuto fortune alterne, sospinti da motivazioni differenti: la volontà di rafforzare un’identità municipale, il desiderio di valorizzare un territorio anche in chiave turistica, la spinta delle ideologie politiche ad appropriarsi di simboli e rituali di grande forza evocativa, l’esigenza delle comunità di ritrovarsi in un momento condiviso, perfino nei tempi più difficili.
I manifesti e le fotografie esposti in questa sezione restituiscono con straordinaria immediatezza questa varietà di funzioni e di contesti, mostrandoci come l’immaginario della festa sia sempre stato specchio della società che lo ha prodotto.
Lo dimostra, ad esempio, il manifesto realizzato da Piombanti Ammannati per il Palio di Asti del 1930, una celebrazione che, nel continuare una tradizione che era stata ripresa l’anno precedente, sceglieva però di vestirla di nuovi abiti ispirati al Cinquecento, in omaggio a Emanuele Filiberto di Savoia, che nel XVI secolo aveva gratificato e normato la contesa astense.
Non meno eloquente è l’opera di Nizzoli per il Palio di Ferrara del 1933, che legava la rinascita della corsa alla memoria di Ludovico Ariosto, segnalando come il richiamo a figure e simboli del passato potesse fornire prestigio e legittimazione alla modernità fascista. Similmente, i manifesti di Signorini per il Palio di Legnano del 1935 e per la Sagra del Carroccio del 1936 – con il cambio di denominazione imposto dal regime per riservare l’appellativo esclusivamente alla tradizione senese – testimoniano come anche le denominazioni e le scelte lessicali divenissero terreno di confronto e di controllo politico, rivelando quanto la regia centrale sapesse intervenire su manifestazioni nate nelle periferie per plasmarne il significato.
Dopo la parentesi bellica, la ripresa delle feste storiche negli anni Cinquanta e Sessanta segnalò nuove motivazioni: non più soltanto l’uso politico diretto, ma la valorizzazione turistica ed economica di un patrimonio capace di attrarre flussi e di rivitalizzare comunità anche periferiche. I manifesti di Briganti per il Palio dei balestrieri di Gubbio e quello dedicato al Calendimaggio del 1954 restituiscono il clima di rinascita e di entusiasmo di quegli anni, quando la tradizione medievale si offriva come linguaggio condiviso per celebrare l’identità locale e, insieme, promuovere la città a un pubblico sempre più vasto. Non diversamente, il manifesto della II Mostra della Vita all’Aria Aperta di Genova del 1953 o quello per la Sagra del Carroccio del 1952 documentano la vitalità di feste che in parte segnavano un’auspicata continuità con le tradizioni storiche, in parte erano improntate al divertimento della comunità e all’attrattività in chiave turistica. Anche il manifesto di Alessandrini per i Giochi Olimpici di Roma del 1960, che accostava le rievocazioni storiche italiane ai cinque cerchi olimpici, è testimone di come il patrimonio delle feste fosse ormai percepito come elemento di rappresentazione nazionale, non più soltanto locale, capace di dialogare con un pubblico ampio e internazionale.
La galleria dei manifesti e delle fotografie qui esposti mostra dunque la polifonia di significati che le rievocazioni storiche hanno assunto nel corso del Novecento: da strumenti di legittimazione politica a dispositivi di promozione turistica. In tutti i casi, esse hanno continuato a offrire alle comunità uno spazio simbolico in cui il tempo lineare si spezza, permettendo al passato di tornare a vivere e al presente di specchiarsi in esso.
Le opere presenti in questa sala sono dunque ben più che semplici manifesti pubblicitari: sono documenti storici, tracce materiali di una relazione complessa e sempre cangiante tra festa, memoria e società. Esse testimoniano come le rievocazioni abbiano attraversato il secolo breve adattandosi a contesti differenti, senza mai perdere la loro capacità di coinvolgere e generare appartenenza e invitano il visitatore a guardare oltre l’immagine patinata della festa per scorgere la sottesa tensione tra passato e presente, tra tradizione e mondo contemporaneo.